POZZUOLI - È partita domenica 6 luglio la XIV edizione del Teatro Alla Deriva, rassegna ideata da Ernesto Colutta e diretta per il tredicesimo anno consecutivo da Giovanni Meola. Quest'anno gli spettacoli si trasferiscono dalla pedana ubicata al centro del laghetto delle Stufe di Nerone al palco immerso nel verde, che beneficia delle luci naturali del tardo pomeriggio, del Giardino dell'Orco, con l'incantevole sfondo del Lago d'Averno a fare da cornice.
Per il primo spettacolo della kermesse, la casa di produzione Il Demiurgo ha proposto “Charlie Chaplin: l’uomo dietro la maschera”, con la drammaturgia e la regia di Franco Nappi, che è stato anche in scena con Mario Autore e Chiara Vitiello.
La pièce mette al centro il volto umano di Charlie Chaplin, colto al di là (ma non del tutto separato) della celebre maschera di Charlot, con i suoi inconfondibili attributi – bombetta, bastone e scarpe larghe. In primo piano, il legame affettivo che lo unisce indissolubilmente alla madre, per lui fonte inesauribile di ispirazione e di insegnamenti, nonostante la menzogna che gli inculcò da bambino di essere affermata attrice del teatro impegnato. Da lei assorbe il potere visionario dell'immaginazione, capace di reinventare la realtà, di gran lunga superiore alla realtà stessa; potere che sarà alla base del sogno utopistico di Charlot: in virtù di esso, si possono gettare le basi di un mondo più equo, se non privo di ingiustizie. Ma da lei apprende altresì il valore predittivo di gesti e sguardi, che spesso vanno oltre le parole.
Altalenante il rapporto con il fratellastro Sydney, divenuto per un certo periodo suo manager, che, a differenza di lui, mai diventerà un attore di successo, ma che nondimeno lascerà sempre una traccia indelebile. La pièce pone in piena luce soprattutto le fragilità di un uomo che ha paura di tutto, del pubblico, della fama, delle donne. Le sue molteplici relazioni sentimentali, culminate nel matrimonio con Oona (dalla quale avrà ben otto figli), rivelano un Chaplin vulnerabile.
Si segue la traiettoria della sua ascesa artistica che lo porta da Londra a Parigi fino ad abbracciare il sogno americano, mai fino in fondo e realmente percepito come tale. Eppure la carriera decolla a partire dal contratto con la casa cinematografica Keystone. La stessa America che lo consacra, nel clima di imperante maccartismo, arriva a nutrire nei suoi confronti sospetti di simpatie filo-comuniste per le idee progressiste, sospetti che si insinuano fino ai vertici del governo federale. Nella narrazione teatrale, si affacciano inevitabilmente i grandi titoli della filmografia pre e post-sonoro. Tra gli altri: “Il grande dittatore”, girato negli Usa poco prima dell'entrata nella seconda guerra mondiale, una parodia impietosa del nazismo; il film d'addio “Luci della ribalta”, per il quale Chaplin volle tra gli interpreti il genio amato/odiato Buster Keaton. Il sipario si chiude sulla sua ultima notte di Natale, quando Chaplin chiede a Oona di spalancare le porte per lasciar entrare le note gioiose intonate dai bambini: un’uscita di scena poetica e per così dire cinematografica.
Convincenti e poliedrici i tre interpreti dello spettacolo: la Vitiello si destreggia tra le varie figure femminili (madre e mogli), Nappi dà forma alla complessa personalità di Sidney, e Autore indossa perfettamente i panni e l'habitus emotivo di Chaplin/Charlot, colui che «aveva nel sorriso il pianto del mondo». Il palco naturale del Giardino dell'Orco presenta insidie non minori della storica zattera: le pendenze del terreno possono tradire – come accaduto allo stesso bastone di Charlot, volato via in una caduta quasi coreografica – ma contribuiscono al fascino rustico e immersivo dell’esperienza teatrale.
Il prossimo appuntamento è per domenica 13 luglio con “Francesca da Rimini: un disastro comico” di Francesco Rivieccio, per la regia di Vittorio Passaro.