Un attore poliedrico che spazia dal cinema al teatro, dalla tv al doppiaggio. Tantissimi i film all’attivo e non solo! Un artista che coinvolge e cattura il pubblico con le sue memorabili interpretazioni! Davvero un onore per me poter intervistare Maurizio Mattioli!
Come ha
inizio il suo percorso artistico?
Inizia con delle piccole comparse al cinema, l’idea di
poter fare l’attore era molto forte e presente ma ancora lontana dalla realtà.
E’ partito tutto così, mi piaceva molto e facendo quello si è rafforzata
maggiormente l’idea di voler diventare un attore. E’ stata una strada molto
difficile perché io non ho fatto la scuola, ho “rubacchiato” qua e là le varie
nozioni, guardando i grandi maestri le volte in cui mi capitava di lavorare. Procedendo,
la voglia di seguire questo percorso è cresciuta sempre di più. Pian piano poi è
arrivato il teatro che ho voluto fortemente perché secondo me è la più grande
scuola che possa esserci, quella viva, con la gente davanti a te, dove non si
può mentire.
Tanti i film
a cui ha preso parte, ce n’è uno a cui è maggiormente legato?
Ce ne sono tanti… I film con Enrico e Carlo Vanzina
come “Il pranzo della domenica”, “Tifosi”o “Fratelli d’Italia” di Neri Parenti,
“Immaturi” di Paolo Genovese. Molti mi hanno portato anche delle nomination ai
“Nastri d’Argento” come “Il pranzo della domenica” di Carlo Vanzina e “Immaturi”
di Paolo Genovese. Mi hanno dato tante belle soddisfazioni. Tante belle soddisfazioni
al cinema ma anche a teatro, per esempio al “Teatro Sistina” con “Rugantino”
dove con “Mastro Titta” credo di aver fatto la più bella performance della mia
vita.
E dunque il
teatro… Quali sono le sensazioni nel vivere tutto lì al momento?
A teatro hai subito l’idea dell’accettazione da parte
del pubblico. Il pubblico ti dice subito “sì o no”, senza parlare, ti fa capire
se hai fatto bene o hai fatto male, con una risata, con un applauso. Il teatro
è più immediato, ti dà la verità subito. E’ la prova più lampante che hai del giudizio
del pubblico.
Lei è anche
un doppiatore. Come riesce a entrare in sintonia con il personaggio a
cui presta la voce?
Ho fatto il doppiaggio per un po’ di anni, ho cercato
di imparare bene la dizione con maestri bravi. E’ stato una scuola importante
non avendole fatte prima. Oltre a darmi da vivere, non avendo appunto fatto
scuole, mi ha permesso di imparare tanto, mi ha fatto anche da scuola
tecnicamente parlando. Probabilmente non ho dato al doppiaggio quello che ho
dato al cinema, al teatro. Forse il doppiaggio è stato più generoso lui con me
che io con lui. Sono stato un po’ “infedele”, nel senso che ho preferito fare
maggiormente il cinema, il teatro, la televisione. Non l’ho portato fino in
fondo, potevo fare di più ma sarò sempre grato ad esso e ringrazierò sempre i
direttori di doppiaggio che mi hanno chiamato, mi hanno permesso di vivere.
C’è un
momento del cammino fatto fino ad oggi che ha particolarmente a cuore?
Quando ho interpretato “Mastro Titta” nel Rugantino
realizzato da Pietro Garinei e Sandro Giovannini al “Teatro Sistina”, con le
musiche di Armando Trovajoli, le coreografie di Gino Landi, l’esperienza più
bella, più importante, più irripetibile che mi possa capitare. Ho avuto la
fortuna di lavorare con loro, persone introvabili ormai. Un’esperienza che mi è
rimasta nel cuore, sentivo il pubblico che gradiva. Le emozioni sono state
molto belle, fortissime. Al “Teatro Sistina” è stato un punto di arrivo che mi
ha portato soddisfazioni durate anni, un’esperienza che è rimasta in assoluto.
Da ricordare poi per le fiction e anche per il cinema Stefano Reali che tra
l’altro è rimasto un amico, ormai da tantissimo tempo. Anche le esperienze con
i fratelli Vanzina. Dei bellissimi momenti.
Ha omaggiato
in diverse occasioni Franco Califano. Com’è partito tutto?
Sono stato molto suo amico. E’ stato un grande
maestro, un grande poeta, ha scritto cose uniche al mondo, andando a cogliere
forse anche i lati negativi dei rapporti, un uomo di grande coraggio, che porto
ancora in giro per l’Italia col suo gruppo, diretti dal maestro Alberto
Laurenti, il maestro che per gli ultimi trent’anni è stato vicino a Franco.
Giriamo l’Italia raccontando le sue storie, aneddoti, anche con monologhi,
canzoni.
Cosa sta
facendo adesso e quali sono i suoi progetti futuri?
Ho preso parte recentemente al film “Carmen è Partita”
di Domenico Fortunato. Sono anche nel cast del film “Quella brava ragazza”
prodotto da Massimiliano Caroletti con la Regia di Eva Henger che debutta alla
regia, una bella regia. E si ripartirà a breve con il seguito de “I Cesaroni”
con la regia di Claudio Amendola.
L’intervista volge al termine. Ringraziamo Maurizio
Mattioli per il tempo che ci ha dedicato. Il suo un bellissimo percorso durante il quale ha trasformato un’idea in un obiettivo splendidamente
raggiunto: un attore che rappresenta oggi un’icona dell’arte della recitazione.



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