“Mutande” è un brano che nasce da una riflessione schietta sulle relazioni e sull’identità e si trasforma in un inno al cambiamento interiore. Claudia Salvini parte da una frase provocatoria — “Il sesso senza amore è un conflitto d’interessi tra organi genitali, l’amore senza il sesso è uno scambio di fluidi mentali” — per raccontare il disagio e la confusione di certi legami contemporanei, ma va oltre. Al centro del pezzo c’è una presa di posizione chiara: smettere di adattarsi a ciò che non ci rispecchia più, dire basta, e scegliere di andare nella propria direzione. Il titolo diventa così il simbolo quotidiano e diretto di una trasformazione semplice ma potente: cambiare, se lo si vuole davvero, può essere naturale come cambiarsi i vestiti. Il sound è asciutto, sincero, con pochi elementi ma tutti al servizio delle parole, che restano il cuore del progetto artistico di Claudia.
Spiega l’artista a proposito del brano: «Mutande è partita da una frase che mi girava in testa da tempo, su sesso e amore e su quanto spesso li viviamo in modo distorto o separato, ma in realtà quella frase è stata solo lo spunto. Il vero centro del brano è un cambiamento interiore: dire “basta”, smettere di rincorrere situazioni che non ti somigliano più, e scegliere finalmente te stessa. Mi piaceva usare un’immagine quotidiana, semplice, come quella delle mutande, per raccontare una cosa profonda: cambiare può essere naturale, se smetti di complicarti tutto. In studio abbiamo cercato di mantenere questa sincerità anche nella produzione: niente maschere, niente frasi per compiacere. Mutande è una canzone che mi rappresenta perché è diretta, ironica, ma anche carica di significato. Un piccolo manifesto personale.»
Il videoclip di “Mutande” per la regia di Stefano Di Giovanni mette in scena con ironia e impatto visivo il contrasto tra costrizione e libertà, giocando con il corpo, il grottesco e il surreale. La protagonista – interpretata dalla stessa cantautrice – è inizialmente rinchiusa in uno spazio intimo e volutamente assurdo: canta seduta sul WC, con le mutande abbassate e un casco di banane in testa. Un’immagine che fa sorridere, ma che racconta una sensazione comune: quella di sentirsi bloccati, a disagio, fuori posto. Poi qualcosa si rompe – letteralmente: salta sul letto, lancia mutande, fa esplodere un cuscino pieno di piume. Gesti liberatori, quasi infantili, che segnano un piccolo ma necessario atto di ribellione.
Nel finale, la scena si apre all’esterno: la protagonista esce da quella stanza soffocante e si ritrova finalmente in un luogo aperto, naturale. Il messaggio è semplice e diretto: cambiare, a volte, è facile come cambiarsi le mutande. Basta smettere di restare dove non si respira più. Basta volerlo davvero.