In scena al TRAM di Napoli “Il sogno di re Ferdinando”, la parabola di un’identità scissa


 

Sta andando in scena al Teatro TRAM di Napoli, con l’ultima replica prevista il 26 gennaio, “Il sogno di re Ferdinando”, scritto da Giuseppe Montesano, con Agostino Chiummariello e Antonio D’Avino, che firma anche la regia. Ferdinando IV di Borbone, re di Napoli, è in cura da uno psicanalista che prova a “guarirlo” da un lacerante tormento interiore: è stato il sovrano illuminato che a San Leucio, con l’editto del 1789, ha creato una comune ispirata ai principi egualitari della filosofia rousseauiana, un re amico del popolo, che non disdegnava di interagire e relazionarsi con scugnizzi e persone appartenenti alle classi più umili, fino a che, eroso da un opprimente senso di paura, ha abiurato alla sua missione filantropica, diventando un regnante spietato, che si è reso protagonista di atti violentemente repressivi. In realtà lo pseudo-psicanalista – che non casualmente si confonde con la figura dell’esecrabile cardinale Ruffo – cerca di convincerlo che è proprio quella del despota violento l’immagine congeniale ad un uomo di potere: Ferdinando deve liberarsi di ogni senso di colpa, in quanto il suo cambiamento umano e politico si è configurato come una evoluzione, non già – a differenza di ciò che lui pensa – come una immorale involuzione. Il re respinge fermamente questa distorta interpretazione, che di fatto spalleggia giochi di potere basati su soprusi, corruzione e interessi egoistici; elementi tutti che vanno in direzione nettamente antitetica al suo sogno, quello di una società improntata su capisaldi di equità, dove non esistano differenze di rango sociale. Ed è proprio in virtù di questo sogno, sfortunatamente durato troppo poco, che vorrebbe essere ricordato.


Il sogno di re Ferdinando” è una pièce che dà voce al grido accorato di un sovrano che, vittima della paura e da essa ridotto all’impotenza, mentre vorrebbe capovolgere le formalità e i dettami imposti al suo ruolo, vede il suo ideale utopistico miseramente schiacciato da forze che non riesce a controllare, contro le quali nondimeno continua, fino alla fine, ad insorgere e a protestare. Il suo popolo amato, quello napoletano, geneticamente anarchico e refrattario a ogni forma di coercizione, pare adeguarsi lentamente ai cambiamenti di una società repressiva, che in passato dettava leggi tramite sovrani assoluti, nel mondo contemporaneo – diverse infatti sono le incursioni nel presente – attraverso sofisticati mezzi informatici e tecnologici. La pièce, nella nuova produzione TRAM – Teatro dell’Osso, ha l’indubbio merito di far riflettere sui meccanismi intrinseci al potere e sulle distorsioni morali comuni a tutti i tempi, ma al contempo lascia implicitamente presagire scenari futuri che saranno ben poco rassicuranti, a meno che non ci si adoperi affinché l’arcadico sogno del «re burlone» divenga una realtà in grado di soppiantare l’«inferno». Il vero progresso, si sa, richiede coraggio e determinazione nel contrastare ogni forma di ingiustizia.



IL SOGNO DI RE FERDINANDO

di Giuseppe Montesano
con Agostino Chiummariello e Antonio D’Avino
regia di Antonio D’Avino
scene Rossella Coppola
costumi Valeria Malpeso
disegno luci Tommaso Vitiello
nuova produzione TRAM | Teatro dell’Osso.


Nuova Vecchia

pubblicità

pubblicità