Correnti, rivoluzionarie o sovvertitrici, di cambiamento o
rinnovamento, di rivendicazione o competizione, non possono prescindere da una
delle terre in cui quest’aria si respira da sempre: la Catalogna, il Gran Premio
di Barcellona, uno dei più attesi della stagione corrente. Doveva essere questo
il weekend in cui le nuove direttive restrittive sulle ali anteriori potevano
significare bagliore e riapertura, di un tunnel sempre più Inglese, che invece
ora sembra quasi chiuso del tutto. Esattamente come nelle più grandi attese pretenziose,
poteva cambiare così tanto, che alla fine non è cambiato praticamente nulla, le
gerarchie sono rimaste intatte, il lavoro, che abbia modificato solo a livello
funzionale o, come per alcuni, anche estetico, le monoposto, è stato un
apprendimento continuo che ha messo alla prova tutti, vedendo poi infine i
soliti primi della classe alzare la mano prima degli altri e rispondere in modo
straordinario.
LE QUALIFICHE
Studio, programmazione, attesa, modifiche e tecnicismi,
forme, sinuosità, curve, materiali e funzioni, dati che valicano dati e
scrivono dati, analizzati insieme a tempi che nel venerdì avevano detto già
tanto ma non tutto. Battaglia, ardente, caliente, come l’aria che si respira
tra le curve iberiche, Q1 è 20 piloti nello spazio di un secondo, è adrenalina
e per qualcuno condanna. Incredibilmente fuori dalle prime quindici posizioni Esteban
Ocon (Haas) e Carlos Sainz (Williams), ineguagliabile però l’allarmante
disastro di Yuki Tsunoda (Red Bull) che è inspiegabilmente più lento di tutti
sul circuito e finisce direttamente all’ultimo tassello della griglia di
partenza (deciderà con il suo team di partire dalla pit-lane per un cambio
set-up). Q2 è imposizione e potenza, comincia qui il vero e proprio predominio
McLaren. Rimangono tagliati fuori dai giochi anche i corrispettivi piloti di
Hass e Williams, Bearman (quindicesimo), Albon (undicesimo), insieme a
Bortoleto (Kick Sauber), Lawson (Racing Bulls) e Stroll (Aston Martin). Q3 è
affermazione di superiorità, è Oscar Piastri (McLaren) che ritrova una
straripante voglia di rimettere le mani sul mondiale lasciandosi alle spalle le
insidie del suo compagno di team Lando Norris e soprattutto le speranze di
sovvertire un ordine che ormai sembra precostituito e prevedibile di Max
Verstappen (Red Bull) e George Russell (Mercedes). Decide di utilizzare un solo
tentativo Charles Leclerc che preferisce, con una sua scelta personale,
conservare un set di medie nuove per la gara e deve accontentarsi della settima
posizione. Quinto tempo per Lewis Hamilton (detentore in alternanza con
Verstappen delle ultime undici edizioni di questo Gran Premio), decimo, per il due
volte campione a casa sua Fernando Alonso (Aston Martin) ancora a caccia di
punti.
LA GARA
I colpi, di scena, di fortuna, sorte o sventura cominciano
addirittura prima della gara. Stroll decide di non partire e di sottoporsi al
tanto atteso intervento chirurgico alla mano, per il vecchio infortunio che
ormai lo condizionava da tempo. La partenza è furore puro, è Oscar che vola
subito via, è Max che supera nel lungo rettilineo iniziale Lando, è Lewis che
si mette in quarta e Charles che recupera subito due posizioni tra le due Mercedes
e arriva alle spalle del compagno di scuderia. Impiegano inspiegabilmente due
giri per scambiarsi la posizione, su indicazione del team e si assestano, alle
spalle dello stabile terzetto di testa. Giro declina giro, e chiama in un altro
giro un altro sorpasso e poi un contatto di Lawson su Albon (costretto al
ritiro per la rottura dell’ala) in un vorticoso tira e molla nelle posizioni
centrali, dettato soprattutto dalla scelta delle gomme e dall’abilità
strategica. Davanti, rimane tutto pressoché invariato, nonostante i tentativi,
di undercut di Max Verstappen che prova a prendersi le soddisfazioni che pur si
merita ma deve desistere davanti all’irrefrenabile velocità papaya e quelli di
Leclerc che tenta un assalto al podio ma soffre proprio per le medie che aveva
scelto di conservare. Il vettore che congiungeva gli ultimi giri al finale
aveva una direzione precisa, prima di dover fare i conti con l’imprevedibile.
Si spegne in curva 10 la monoposto dello sfortunatissimo Antonelli (Mercedes)
che finisce sulla ghiaia e costringe la Safety ad uscire, scuotendo drasticamente
i pensieri e riaprendo possibilità insperate. Sfruttano immediatamente tutti la
possibilità di pit, ma chi ne esce sensibilmente svantaggiato è proprio Max
Verstappen che ha una sola gomma funzionante a disposizione, una hard. Bandiera
verde, occhi negli specchietti e rischio puro: l’olandese rischia di perdere il
controllo delle posteriori e subisce prima un contatto da un attentissimo
Charles che gli ruba la posizione (al monegasco non verrà assegnata nessuna
penalità dopo l’investigazione post-gara) e poi un altro da Russell, che prima
lo lascia di nuovo passare e poi si vede sbarrare la strada in modo irregolare
in curva 5 (la manovra costerà al campione in carica una sanzione gravissima:
10 secondi di penalizzazione e 3 punti sulla patente, finirà decimo). Piastri
si prende il suo quinto primo posto e il suo ottavo podio stagionale, Norris deve
accontentarsi soltanto del secondo e Charles si regala una grandissima
soddisfazione difendendo il trofeo in bronzo dall’assalto finale di Russell,
quarto. Fenomenale la gara di Nico Hulkenberg, che con la sua Sauber supera sul
finale un mai sul pezzo Hamilton e chiude addirittura in quinta posizione (era
partito sedicesimo). Ancora a punti Hadjar (Racing Bulls), finalmente dopo il
Bahrain, tra i primi dieci c’è anche Pierre Gasly (Alpine) e lo straordinario
Alonso che nella sua terra, conquista il suoi primi romantici punti di quest’annata.
A cura di Antonio Spiezia
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