Ci sono fili con cui il destino sceglie di intrecciarsi alla storia. Fili, che per la Formula 1 inevitabilmente passano tra la Tosa e la Tamburello, nel segno di Ayrton, sotto il suo sguardo vigile, dove iniziò il vero e proprio dominio del Kaiser in rosso, all’inizio del nuovo millennio, sul tracciato che ha visto Lewis fare il miglior tempo di sempre in gara, lì, a casa del giovanissimo Kimi, Antonelli, in una città già in festa per i recenti traguardi calcistici e probabilmente all’ultimo appuntamento dei prossimi anni.

Ancora una volta il vissuto ha saputo rendere merito al passato, ancora una volta, indelebilmente, nel bene e nel male, il cuore ha saputo pulsare, allineando i bpm a quelle 20 lucine rosse pronte a spegnersi al suono dei motori già accesi.



LE QUALIFICHE

Spettacolo e delusione, rammarico e tormento, Q1 è già sentenza per Tsunoda (Red Bull), con un incidente spaventoso alla Villenueve, e per il nuovo volto Alpine, Colapinto, subito a muro. La bandiera rossa ferma inspiegabilmente Bearman (Haas) sul più bello, strappandogli di fatto il pass-qualifica che si era guadagnato sul tracciato. In Q2 è psicodramma, irrealtà, mani sulla fronte e quasi lacrime: l’impensabile prende vita, in una pista in cui le C6 soft si sono rivelate troppo morbide e consumabili, la Ferrari, per la prima volta ad Imola, è inspiegabilmente fuori dalle prime 10 posizioni con entrambe le monoposto. Sconforto e rassegnazione, gli occhi spenti, come le macchine lasciate ai box, rimasti ad osservare un fuoriclasse, Max Verstappen, che in Q3 quasi distrugge il potere delle macchine, prima di doversi arrendere ai soli 34 millesimi che lo separano dall’impeccabile Oscar Piastri (McLaren) in Pole.



LA GARA

Dopo qualsiasi sabato, c’è sempre una domenica e una pagina nuova, bianca, completamente da scrivere. Prende in mano la penna e disegna la traiettoria perfetta nella gara perfetta, fin dal primo sorpasso alla prima curva, immensamente, il fenomeno olandese mette le mani per la quarta volta consecutiva sul trofeo di Imola e custodisce una gara quasi mai in discussione. Dietro di lui è bagarre, dall’inizio alla fine: un tornado di emozioni che sovverte la rassegnazione in sorrisi e che lascia nell’aria il suono degli applausi finali dei tanti tifosi in rosso. La Ferrari, con due strategie diverse riesce a trovare nuovi bagliori, un altro passo rispetto alle ombre di sabato. “Undercut” iniziale per Leclerc che con il rientro ai box anticipato riesce a guadagnare posizioni ma poi è sfortunato, quando per una Virtual Safety Car (per lo stop di Ocon) perde il possibile vantaggio. Diversa la storia per il magistrale Lewis Hamilton che, con gomma Media per larghi tratti di gara, aiutato anche dalla successiva lunghissima Safety Car (per problemi all’acceleratore allo sfortunatissimo Kimi Antonelli costretto al ritiro) come tutti quelli che non si erano fermati prima ai box, sfrutta l’occasione e chiude in quarta posizione in pressione su Piastri, soltanto terzo. Errore di comunicazione, non banale, per la McLaren, che avrebbe potuto insidiare il solitario primato del campione in RedBull e invece deve accontentarsi soltanto dei due gradini più bassi del podio per una posizione non ceduta in tempo.  L’epilogo è sentenzioso, inconfutabile e cinico, inevitabilmente triste per la Mercedes, con Kimi out e un inconsistente settimo posto per George Russell (terzo sulla griglia di partenza). Ammirevole Alexander Albon (Williams) che riesce a tenersi una meritata quinta posizione, cedutagli nel finale dallo stesso Leclerc per sventare un’eventuale investigazione. Ottavo il suo compagno di squadra Carlos Sainz, seguito in zona punti da Hadjar (Racing Bulls) e dalla buona rimonta dell’inizialmente ventesimo Tsunoda.

Emozioni, sentimenti, sensazioni così vicine da sembrare in zona DRS, lo spettacolo, un altro dei fili che la storia ha saputo cucirsi addosso, ancora una volta, per non smentirsi, per non sminuirsi, per lasciare il sapore e il brivido della lotta, che non finisce mai e ha ora lo sguardo puntato a domenica, alle spalle di Port Hercule, sul mare del principato di Monaco.

 

A cura di Antonio Spiezia