Ci regalo il nostro prodotto e compriamo un paio di prodotti in più. Camminando raggiungiamo una terrazza panoramica su tutta Jardin. È immersa negli arbusti di caffè, una valle di puntini verdi e rossi ed un profumo immediato di colazione. Ci sediamo nella loro veranda per una pausa caffè. Da lontano si vede la chiesa di Jardin, lì eretta, fiera, oltre il tempo e le barbarie, le casette dai tetti colorati, piccole strade e caffè, immense piantagioni di caffè. Ne chiediamo un paio differenti per provarli. Sono deliziosi. Così, ricaricati ci dirigiamo verso l’altra punta di Jardin, per farle un ulteriore saluto. C’è un teleferico, dicono, arriviamo. Credo sia stata l’esperienza più al limite della morte che abbia mai vissuto e, scherzi a parte, molto divertente. La funicolare è letteralmente una gabbia un metro per un metro, con delle barre di ferro per sedersi, sospesa a metri e metri sopra una bellissima gola verde tra due pendici rocciose. Un meccanismo la traina fino all’altra parte, retta da una corda principale e due più piccole ai lati, e via. La gabbia si muove, e tu guardi in basso tutta la tua vita passare. Il tragitto, il percorso, sospesi dura poco più di cinque minuti ma, sono i cinque minuti più lunghi della mia vita! Una volta raggiunta l’altra parte, l’eden, si può ammirare Jardin da un’altra prospettiva ancora. È avvolta da una luce preziosa. Il sole non la colpisce per intero ma attraversa il caffè e le enormi foglie dei platani lungo il suo percorso. le delinea con una delicatezza materna e paterna, la riscalda e la culla nella sua valle che resiste al tempo.
Una finestra sul passato che è forte, e presente nel presente, agganciata al filo teso di questa funicolare. Le tradizioni, i sapori, le persone, le mani, i gesti quotidiani che si trasformano in qualcosa di Sacro e profano allo stesso tempo, perché veri e reali. Non c’è artificio, né tantomeno modernità circensi che deturperebbero l’essenza stessa di questo angolo di passato così vivo nel presente.
Si riscende verso Jardin, verso la sua parte centrale dove la gente è prese dalla sua vita. Entriamo in un forno, il pavimento è composto da alcune bellissime mattonelle giallognole ed arancioni che, viste dall’alto creano dei disegni. Bisogna sempre cambiare prospettiva, allontanarsi un poco per poter vedere la totalità della situazione, del sentimento, incluso di una idea, perché da vicino, troppo vicino le grandi cose risultano effimere e senza valore ma, passo dopo passo, indietro, magari da una posizione favorevole, si apprezza la maestosità. Salutiamo Jardin, la sua Cueva del Esplendor, le sue piantagioni di caffè, i suoi platani, i suoi frutti tropicali districati lungo le pendici delle montagne che la circondano. La chiesa eretta, la piazza dove di notte la festa si fa forte, vivace e sudata. Dove galoppano i cavalli, scalpitando sui sampietrini.
a cura di Michele Terralavoro
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